Riflessioni

Aceto Balsamico di Modena e Vangelo

Secondo una notizia del giugno 2009 (Cia Emilia Romagna), dopo ben tredici anni di lotte burocratiche, alla fine l’Aceto balsamico di Modena aveva ottenuto l’Igp, Indicazione geografica protetta. Il Comitato Permanente per le Indicazioni geografiche e le Denominazioni di origine protetta riunito il 10 giugno 2009 presso gli uffici della Commissione europea a Bruxelles aveva finalmente approvato l'Igp per il gustoso aceto balsamico e questo storico prodotto di qualità beneficierà delle tutele previste. Lo scorso giugno la Cia Emilia Romagna esprimeva grande soddisfazione per il risultato ottenuto e concludeva: «In Emilia Romagna vengono coltivati i vitigni necessari alla produzione di mosto per l’aceto, materia prima con caratteristiche di qualità e acidità del tutto uniche». (A scanso di equivoci, la Cia è la Confederazione Italiana Agricoltori dell'Emilia Romagna). Ma questo è un mondo in cui non si può star tranquilli nemmeno quando si tratta di aceto. I giornali del 4 novembre 2009 annunciano infatti (AGI) che i carabinieri del Nas di Parma hanno sequestrato 323mila bottigliette di aceto balsamico di Modena per un controvalore di un milione di euro. Le bottigliette sequestrate, pari a 161mila litri di aceto balsamico, saranno probabilmente rietichettate eliminando ogni riferimento all'aceto I.G.P. e distribuite come "condimento alimentare". Il fatto è drammatico e rovinerà di certo la festa dei ciccioli balsamici a Reggio Emilia (7-8 novembre, 2009), anche se i saggi emiliani continueranno a gustare i ciccioli senza farsi impressionare dalla guerra delle etichette che infuria intorno a loro a colpi mortali di carte da bollo. Le due notizie menzionate potevano anche passare inosservate, ma due elementi le rendono degne di nota. Il primo è l'elemento stesso su cui è scoppiato lo scontro fatale: l'aceto. Il secondo è l'etichetta: con IGP o senza IGP? Questo è problema. L'aceto nelle bottigliette rimane lo stesso, ma a seconda che l'indicazione IGP sia o meno sull'etichetta, tutto cambia. E cambia radicalmente, perché con l'etichetta IGP il prodotto è tutelato, è protetto da imitazioni, riceve sovvenzioni europee. Senza etichetta no. L'aceto ha un suo posto preciso anche nella storia e letteratura biblica, già gli antichi ne conoscevano le qualità gustose e balsamiche. La citazione più nota è forse quella del soldato romano che, intrisa una spugna d'aceto, la mise su una canna e cercò di farne bere a Gesù sulla croce, ma egli non volle berne. Non perché avesse controllato l'etichetta, ma perché quando si è alla fine non si beve né si mangia. Si cerca di morire e basta. Il Vangelo sgorga anche da quell'aceto, da quella morte cercata dal morente che non vuol essere rianimato dall'aceto. Il Vangelo è dunque una cosa molto seria. Per questo è peccato appiccicargli etichette. Ognuno deve farne la prova da sé, deve assaggiarlo da sé, per vedere se ciò che gusta è Vangelo vero o fittizio. Il Vangelo senza etichette è uno storico prodotto di qualità che non beneficia delle tutele previste dalle leggi di Roma o Bruxelles, di Ginevra o Washington. Un giorno Gesù chiede ai discepoli che cosa la gente pensi di lui. Gli rispondono: alcuni ti ritengono Elia, altri Geremia, o uno dei profeti (Matteo 16). Questi furono i primi tentativi di etichettare Gesù, di dargli un marchio di riconoscibilità che lo facesse rientrare in categorie note e, quindi, tranquille e tranquillizzanti. Ma Gesù è il Diverso per eccellenza, non può essere sistemato in classificazioni note. Solo una rivelazione diretta del Padre farà esprimere a Pietro la realtà di Gesù: Tu sei il Cristo, il figlio del Dio vivente. Ma quante etichette sono state messe su questa realtà fondante della fede cristiana! Etichette che esprimono, sia ben chiaro, fatti storicamente e culturalmente rilevantissimi. E siccome la verità fondante espressa dal Pietro ispirato è la realtà su cui poggia la chiesa di Dio, le etichette appiccitate a Cristo sono state purtroppo incollate anche alla chiesa che gli appartiene. Al punto che oggi non basta più dire "sono cristiano" (Atti 11,26) o "appartengo alla chiesa di Dio in Cristo Gesù" (1 Tes. 2,14). Occorre specificare l'etichetta: ortodosso, cattolico romano, maronita, istituzionale, anglicano, metodista, anti-istituzionale, organista, evangelico, anti-organista, membro gruppo giovani, valdese, membro gruppo anziani, battista, gruppo donne maritate, chiliasta, gruppo celibi, gruppo nubili, anti-chiliasta, gruppo ammogliati, protestante, non-protestante... Si osserva che le etichette non sono affatto superflue, ma cariche di significati profondi e diversissimi tra loro. C'è la chiesa che considera un campeggio di credenti come sublime espressione del regno di Dio. C'è la chiesa che ogni cinque parole deve compulsivamente proferire un "amen!". C'è la chiesa che ritiene che lo Spirito Santo suggerisca i titoli migliori per gli incontri, i quali hanno successo a seconda del numero dei partecipanti (solo "due o tre" presenti causerebbero grave insuccesso: Mt. 18,20?). C'è la chiesa della visibilità e del presenzialismo, che fa suonare la tromba di internet dopo aver fatto la più semplice e doverosa opera buona, perché tutto è testimonianza. C'è la chiesa che mescola Bibbia e pacchi dono. C'è la chiesa che propone il Vangelo mediante lezioni d'inglese gratuite. C'è la chiesa che organizza, organizza, organizza continuamente un cristianesimo che sembra un convegno semi-permanente. C'è la chiesa che organizza il teatro e la chiesa che organizza cori. C'è perfino la chiesa che propone la danza profetica. L'elenco è ovviamente incompleto. Le etichette distinguono e reclamizzano prodotti. E non ci sarebbe nulla di male in certi prodotti ora menzionati se il mondo fosse stato già convertito a Cristo mediante la Sua Parola eterna. Invece i prodotti, e le etichette che li reclamizzano, sono proprio gli strumenti (presunti) approntati per realizzare conversioni (presunte). Le quali non si attuano più perché le persone sono attirate dal Padre mediante la Parola del Figlio espressa nella Scrittura (Gv. 6,44-71). Le conversioni (?) si attuano invece proprio mediante quegli stessi prodotti, ben preparati, bene organizzati, impacchettati, etichettati e proprio tanto tanto attraenti. Forse la Parola di Dio, nuda e cruda come Gesù Cristo in croce, è diventata troppo debole e impotente per attrarre convertire salvare? L'etichetta è rassicurante, perché garantisce. Con l'etichetta il prodotto diventa appetibile, attrattivo, diventa prodotto di qualità e beneficia delle tutele previste. Senza etichetta sembra che l'aceto/Vangelo perda di qualità, che non sia tutelato da nessuno. Proprio così. Il Vangelo non è tutelato da nessuno: nè a Bruxelles, nè a Roma, nè a Ginevra, nè a Washington. Non ci sono commissioni nè comitati che lo tutelino, che lo garantiscano dalle contraffazioni. Ciascuno deve davvero farne la prova da sé, deve assaporarlo di persona, per vedere se ciò che crede e pratica è Vangelo vero o solo un'imitazione. Né i carabinieri del Nas né le guardie svizzere qui hanno potere alcuno. Ecco perché può accadere che si scambi un discepolo di Gesù per un testimone di Geova, che si scambi il regno di Dio (="giustizia, pace e allegrezza nello Spirito santo" Rom. 14,17) per una bella vacanza sul monte o al mare, che si scambi la chiesa per un'agenzia matrimoniale o per una English school, et similia. Il vuoto può dominare sereno persino dietro la nobile etichetta "chiesa di Cristo". L'etichetta garantisce, perché con l'etichetta il prodotto diventa appetibile, attrattivo, diventa prodotto di qualità e beneficia delle tutele previste. Ma l'etichetta banalizza il Vangelo. E la banalizzazione è la peculiarità del male. Che cosa fare in questa babele? Scoraggiarsi o fidare in Cristo Gesù e nella potenza della sua parola? Per il credente la scelta è chiara. Come i saggi emiliani non si impressionano dinanzi alla cosmica guerra dell'etichetta IGP, così i credenti possono continuare a praticare il Vangelo senza etichetta, senza farsi attrarre dal gioco delle etichette, che rappresentano una moda passeggera. Il corpo è di Cristo e anche il Vangelo (Col. 2,17).

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