Riflessioni / settembre 2008
Chi si ferma...
Camminare
Che ti ha detto il dottore? – chiede la moglie. E il marito: – Che devo camminare, camminare, camminare –. Per tutti il consiglio del medico è di ritornare all’esercizio più antico e naturale. Camminare significa far muovere la maggior parte dei muscoli del corpo, per questo anche la medicina moderna ne riconosce il valore terapeutico. Quando il bimbo impara a camminare, la famiglia ne è felice, perché la sua vita si prospetta sana. Finché il vecchio può camminare ogni male è sanabile. Ma chi si ferma è perduto...
Quanti hanno camminato! Partigiani per spostarsi sulle montagne di notte, soldati che tornavano a piedi dalla Russia o scappavano dai campi del Nord Africa, antichi missionari della fede cristiana che attraversavano i continenti per portarvi il Vangelo, contadini che tornavano dai campi al tramonto, minatori che all’alba andavano in miniera per il turno, donne che anticamente dovevano andare al pozzo a prendere la conca dell’acqua. I romani che guidano i loro SUV sull’Appia o l’Aurelia forse ignorano che queste strade furono percorse a piedi dagli eserciti per raggiungere il sud-est d’Italia e la Grecia o per dirigersi a nord.
Il mondo è in cammino e la storia stessa dell’uomo è un cammino. A prescindere dalle direzioni prese, dalle andate e dai ritorni, a parte le mulattiere, le strade e stradacce percorse, i sentieri piani e aspri, le vie battute dal viandante e dal brigante, uomini e donne sono in cammino.
Camminare rende umili perché fa consapevoli dei limiti che ognuno ha nel proprio andare. E poi camminare non dà l’ebbrezza né l’illusione della potenza come sfrecciare col motorino truccato o con l’automobile rombante. Camminare è nelle possibilità umane del corpo fisico dell’uomo. Il vantaggio innegabile del camminare è che consente di pensare fra sé e sè, mentre col piede si evita il ciottolo o la buca. Camminare permette di conversare e ragionare, come facevano certi antichi filosofi; e camminare consente anche di meditare, come fa Don Abbondio mentre se ne torna a casa, ignaro di quel che l’aspetta sul suo cammino...
Ecco qualche bel verso della poetessa bulgara, Blaga Dimitrova: Donna sola in cammino. / Essere inerme / è la tua unica arma. / Tu non hai mutato alcun uomo / in protesi per sostenerti, / in tronco d’albero per appoggiarti, / in parete - per rannicchiarti al riparo. / Non hai messo il piede su alcuno / come su un ponte o un trampolino. / Da sola hai iniziato il cammino, / per incontrarlo come un tuo pari / e per amarlo sinceramente.
Dio che cammina
L’esercizio del camminare è proprio dell’uomo. Anche per questo la Bibbia fa spesso riferimento all’atto del camminare. Il popolo ebraico intraprende il lungo cammino per uscire dalla schiavitù d’Egitto verso la terra promessa e attravero il Mare dei giunchi (Esodo 14). Gesù guarisce lo storpio dicendogli “alzati e cammina!”.
Ma proprio perché la vita stessa della persona è simile a un cammino, ecco che il camminare assume il senso di comportarsi. Il cammino della persona è il suo stesso comportamento.
Di Noè si dice che “camminò con Dio”, cioè si comportò secondo i criteri di Dio. Della persona che ama Dio, il salmista dice che “cammina” nella verità di Dio. L’individuo che fa propria la saggezza di Dio, appresa dalla Sua legge, è colui che “cammina sicuro per la sua via”, i suoi passi sono rapidi. La persona viva è quella che “cammina nella luce dei viventi”, anche se questa vita è pur sempre un cammino in una valle all’ombra della morte, per cui l’essere umano ha bisogno dell’amore e della guida di Dio per non temere lungo il proprio viaggio (Salmo 53 e 23).
L’uomo/la donna che camminano senza la guida di Dio ignorano i limiti dei propri passi e la loro direzione; la vita si riduce a un andare senza meta o con scopi effimeri. Agli uomini del suo tempo, impressionati da superstizioni e dalle potenze di questo mondo, Geremia ricorda che “non è in potere dell’uomo che cammina il dirigere i suoi passi” (10,23). Davvero l’uomo senza Dio è perduto, privo di direzione. Pietro ricorda infatti che, prima della loro conversione a Gesù, i credenti erano simili a pecore perdute, ma oggi sono tornati al Pastore delle loro anime (1 Pietro 2,25).
Camminate uniti a Cristo; camminate nella luce; camminate onestamente verso tutti; non camminate seguendo i criteri del mondo; camminate imitando il Signore, in modo degno di Lui: sono alcune esortazioni del Vangelo. E beato chi si comporta così!
Il racconto biblico di Dio che “camminava nel giardino dell’Eden” (Genesi 3) sembra strano ad alcuni: Dio che cammina! Si tratta in realtà di un antropomorfismo (attribuzione a Dio di forme umane), una figura poetica che l’autore adotta nel presentare Dio come un re che la sera passeggia nel giardino della reggia. Egli sta per “scoprire” che l’uomo e la donna hanno peccato, allontanandosi da Lui. A questa immagine vogliamo giustapporre quella di Gesù che, la sera della sua resurrezione, incontra i due discepoli di Emmaus e si mette a “camminare con loro” (Luca 24). Discorrono insieme, si domandano delle cose, si informano, si spiegano, ragionano, e finalmente i due discepoli lo riconoscono. Quanto sono necessarie anche a noi le parole che essi dicono a Gesù: “Rimani con noi”! Forse, se gli avessero dato un passaggio a bordo della loro macchina una tale preghiera non sarebbe mai stata espressa... C’è oggi un bisogno disperato di ritrovare Dio sul cammino della nostra vita.
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