La preghiera di Giona (2,3-10)
1. Si tratta anzitutto di un esempio stupendo di preghiera, una supplica nella distretta e nella disperazione profonda, che pur non manca di speranza fiduciosa:
quante volte trascorriamo periodi più o meno lunghi senza pregare! Occupazioni e preoccupazioni - spesso inutili - ci portano a dimenticare di rivolgerci al Padre;
occorre reagire a questo condizionamento: 1 Tes. 5,17: non cessare di pregare!
La raccomandazione ribadita da Gesù: Lc. 18,1 [ma si noti la domanda drammatica posta in 18,8 (!)].
2. Preghiera come analisi della propria condizione esistenziale, dinanzi a Dio, alla luce di Dio; una cascata di termini negativi descrive la situazione del profeta e dell'uomo:
Giona 2,4-7: fondo della distretta, viscere del soggiorno dei morti, cuore del mare, flutti sopra di me, attorniato, sbarre, fossa = la persona catturata nella morte da cui non può sfuggire in alcun modo, si trova in una condizione esistenziale claustrofobica; persino il suo volto è ormai avviluppato dalle alghe marine che lo rendono irriconoscibile! (Proprio come certi comportamenti umani (umani?) che sono ormai lontani da ogni forma di umanità);
Qui si può certo pensare a Gesù nella sua morte...
ma si può pensare più in generale alla persona umana, catturata nella trappola mortale del peccato; sviluppiamo questo aspetto;
3. La condizione della persona umana è delineata drammaticamente nel vangelo:
sotto il peccato (Rm 3,9);
privi di forza, indeboliti dal male (Rm 5,6);
una schiavitù vera (Rm 7,14); davvero la persona è colta nei "lacci" del male.
4. Come si esce da una tale condizione?
Rm 8,24-25: soltanto in Cristo, per Cristo e con Cristo se ne esce;
ricordiamo i "flutti sopra di me" di cui parla Giona; osserviamo questi parallelismi:
4.1 Giona battezzato nella morte
Gesù battezzato nella morte (Lc 12,50)
Il credente battezzato nella morte di Gesù (Rm 6,1ss)
4.2 Giona prega (2,8)
Gesù prega (Padre, nelle tue mani rimetto...)
il credente prega esprimendo una preghiera nel battesimo: che io riceva una coscienza buona! (1 Pt 3,21)
4.3 Giona conosce quale sia la fonte della salvezza (2,10)
Gesù risorge per la potenza del Padre
il credente risuscita a vita "nuova" (Rm 6,5ss).
5. Offrire sacrifici (2,10): ma si tratta di pregare e agire (Benedetto da Norcia aveva visto giusto); non vi è preghiera senza azione rispondente, né azione priva di supplica; parola e azione si coniugano:
la parola adottata per elogiare il Signore, per parlare di Lui, della sua grazia;
la parola è sacra: parlare per rovinare rapporti interpersonali? Parlare per sparlare? Parlare per calunniare? O parlare per costruire ed edificare? Per migliorare e salvaguardare?
L'azione della testimonianza: la prima responsabilità del discepolo e della discepola è ubbidire al maestro. Giona - finalmente! - decide di ubbidire e va a Ninive...
L'azione: i discepoli si accolgono fra loro, si confortano, si consigliano, si amano in Cristo... sono usciti dal ventre del male e si dedicano al bene. Estendono queste realtà anche al di là del proprio gruppo, perché comprendono l'amore per il prossimo.
Domanda: quanto dev'esser grande la preghiera+azione dei discepoli? Risposta: a chi molto è stato dato, molto sarà ridomandato ---- a volte si ha la sensazione che "l'offerta dei sacrifici" non sia proporzionata
· alla montagna da sotto la quale siamo stati tirati fuori: grazie a chi?
· all'abisso dal quale siamo usciti: grazie a chi?
· alle viscere della morte da cui siamo stati vomitati: grazie a chi?
· Dunque: quando, come, quanto lo ringraziamo questo "chi"?
Chiesa di Gesù Cristo, Pomezia - 13.05.2007 - rt
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