Riflessioni

U SIGNURUZZU

‘U Signuruzzu Gesù è uno dei personaggi più studiati e discussi, non solo guida spirituale, ma tema della storia Vittorino Andreoli Per quel fenomeno universalmente riconosciuto come genio, un particolare linguistico proprio di una certa cultura o mentalità, può talvolta risultare univocamente significativo in molte altre culture, anzi può risultare, al limite, semi universalmente significativo. La mentalità siciliana, delineata magistralmente nella letteratura di Andrea Camilleri, designa Gesù il Cristo in modo unico, univoco, inequivocabile, denotandolo come ’u Signuruzzu. Se dovessi scrivere in modo scientifico dovrei dire che questo termine è monosemico, vale a dire dotato di un solo e ben determinato significato, esso non può determinare ambiguità. Si riferisce univocamente a Gesù Cristo di Nazaret. E questo vale – qui sta appunto il genio – non solo nella cultura siciliana, ma in generale nella cultura cristiana (troppo facilmente confusa con la cultura occidentale, mentre la fede cristiana originaria ben si adatta ad ogni cultura particolare). In questa cultura, quando si parla del “Signore” Gesù Cristo si intende una e una sola persona. Senza equivoci. Quando nel 1941 il biblista di fama internazionale Giuseppe Ricciotti diede alle stampe il suo Vita di Gesù Cristo dedicò un’ampia sezione del lavoro all’ambiente storico, alle consuetudini ebraiche, alle vicende di Roma che dominava la Palestina, alle introduzioni storico-critiche a ciascuno degli evangeli. Perché lo fece? Per illuminare in modo ottimale figura e opera di Gesù di Nazaret, il Cristo. Ma Ricciotti fece di più. Scrisse un capitolo specifico sulle interpretazioni razionaliste della vita di Gesù, dimostrandone la infondatezza. In quel testo classico il termine d’elezione per indicare Gesù il Cristo è il Signore, cioè ’u Signuri, ’u Signuruzzu. Il teologo di fama internazionale Hans Küng studia in modo comparativo la figura di Gesù rispetto a Krishna, a Buddha Gautama e a Maometto (Credo, 1994). In quest’opera, egli delinea e chiarisce le somiglianze ma evidenzia anche le profonde differenze fra Gesù il Cristo e queste figure religiose. Anche nel suo lavoro, il termine specifico per indicare Gesù Cristo Nazareno è, di nuovo, il Signore, ’u Signuruzzu. Il noto psichiatra Vittorino Andreoli dedica a Cristo un libro di 500 pagine. Cito: “Gesù è un contemporaneo, un mio coetaneo, un fratello di latte (…). La presenza di questo personaggio mi ha dunque accompagnato come un’ombra e ha resistito a ogni mio cambiamento, a tutti quegli eventi che caratterizzano e sovente sconvolgono o modificano la vita di un uomo. Del resto è incredibile come, dopo due millenni, la figura di Gesù sia di un’attualità straordinaria. È uno dei personaggi più studiati e discussi, non solo guida spirituale, ma tema della storia. Ne 1962 l’ebraista statunitense Carmichael calcolò che gli scritti a carattere biografico su Gesù sino ad allora comparsi erano circa sessantamila. Se consideriamo che in seguito ogni anno vede la luce un ulteriore migliaio di libri e saggi, dobbiamo concludere che le pubblicazioni sul tema della vita del Salvatore sono oggi (al 2002) non meno di 75.000” (Il Gesù di tutti, 2013). L’Autore dichiara apertamente di scrivere da non credente. A me, personalmente, piacerebbe che tutti i non credenti, parlando o scrivendo di Cristo, dimostrassero la stessa onestà intellettuale e soprattutto la formazione e informazione mostrata da Andreoli. Ma ai prevenuti non si può chiedere né coraggio né onestà culturale-intellettuale. Neppure Gesù poté chiederli agli atei religiosissimi del suo tempo che, pieni di pregiudizi, ne decisero l’ammazzatina. Enrico Norelli, ordinario di storia del cristianesimo delle origini nell’Università di Ginevra, sa bene che “tutta l’azione di Gesù avrebbe potuto terminare con la sua morte”. Era accaduto lo stesso con altri che prima di lui si erano presentati come “salvatori”. Norelli ne elenca sei: Simone di Perea, Athronges il samaritano, Teuda , Giacomo e Simone, e un tale Gesù figlio di Anania. Tutti costoro ebbero seguaci, ma il loro annuncio (= evangelo) non conteneva elementi capaci di sopravvivere alla violenta repressione dei loro movimenti. Le cose andarono diversamente con Gesù Nazareno perché (1) ebbe discepoli capaci di conservare ed elaborare i ricordi relativi a Gesù; (2) egli presentò un messaggio suscettibile di durare nel tempo; (3) vi furono contesti sociali in cui la memoria di Gesù Nazareno dava senso alla prassi dei cristiani che la trasmettevano (La nascita del cristianesimo, 2014). Il testo di Norelli, 300 pagine ricche di bibliografia specialistica, è molto articolato, ma se chiedessimo al professore quanti Cristi conosce, forse ci risponderebbe citando Camilleri: ’u Signuruzzu uno è. Manlio Simonetti ha insegnato Letteratura cristiana antica all’Università di Cagliari e di Roma. Egli si chiede quale sia stato l’atteggiamento dei Romani nei confronti di Gesù. E risponde: “Se Gesù ebbe la possibilità di predicare e operare senza suscitare l’opposizione delle autorità, ciò vuol dire che i romani avevano ben percepito il carattere programmaticamente pacifista del suo movimento, pur tanto contestatore sul piano sociale” e, aggiungerei, religioso (Il Vangelo e la storia, 2018). Simonetti, morto recentemente, ha studiato per oltre sessant’anni la storia di Cristo e del cristianesimo antico. Nei suoi testi non vi è alcun dubbio circa la persona e la personalità unica di Gesù il Cristo. Chi ama comparare la figura di Cristo ad altre figure religiose dovrebbe forse dimostrare un poco di umiltà nel cercare di conoscere qualcosa intorno ad un argomento abbastanza complesso, evitando la trappola della cloaca di internet. Se poi uno non vuole sforzarsi tanto a leggere testi di studiosi, può sempre risolvere il problema leggendo, se possibile senza pregiudizi, il Nuovo Testamento. La cosa può sembrare semplice, e lo è. Ma c’è un rischio. Ci si può infatti imbattere nella inattesa domanda: E tu chi dici che sia il figlio dell’uomo? La risposta può risultare cruciale. Molte generazioni, di siciliani ma non solo di siciliani, hanno conosciuto ’u Signuruzzu. Altri lo hanno sconosciuto. © Riproduzione riservata Roberto Tondelli – Libertà Sicilia (08 2019)

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