Riflessioni vaporose
Ciao Caino!
La parola è ragiona mento, pensiero ragionato, sapienza comportamentale,
criterio, discernimento
Domanda antica: Che cosè la vita? Siete un vapore che appare per un po’ di tempo e poi svanisce. In altre parole, l’uomo propone e Dio dispone. Vecchio detto di popolo originato probabilmente dalla fede antica e solidificata nella provvidenza divina, la quale ha almeno tanti modi per manifestarsi quanti ne ha per celarsi.
Lunedì 15 luglio 2019, molti avevano in programma di ritrovarsi fra i 20.000 spettatori che a Caracalla avrebbero ascoltato dalla viva voce di Andrea Camilleri la sua rappresentazione dal titolo denso di aspettative “Autodifesa di Caino”. Interessante.
Quali idee saranno mai venute in mente al maestro per far parlare colui che, citato in quattro diversi contesti della Scrittura, è considerato l’assassino conclamato di suo fratello Abele (Genesi), uno che offrì sacrifici peggiori di quelli di Abele (Ep. Agli Ebrei), un operatore di azioni malvagie (1 Ep. Giovanni), uno che indica una via cattiva (Ep. Giuda).
Che cosa avrebbe tratto da queste scarne notizie su Caino la fantasia di Camilleri? La quale però, come dice lui stesso, per sbrigliarsi aveva sempre bisogno di un solido punto d’appoggio storico iniziale. In una sua chiacchierata aveva spiegato che per la sua opera su Caino aveva ampiamente attinto dai testi apocrifi. I quali, come è noto (?), sono ben diversi dagli scritti, sobri e concisi, ispirati da Dio. Gli apocrifi vennero infatti scritti proprio per “riempire” quegli spazi dell’immaginazione che poco o nulla avevano a che fare con la salute morale spirituale della persona umana e molto con l’elemento favolistico, dal quale però un ingegno come quello di Camilleri avrebbe saputo trarre ‘nsignamenti su lu pirchì di la vita.
Dio infatti, al contrario di ciò che pensano atei buontemponi e poco riflessivi, non vieta alla persona umana di pensare. Quando il filosofo e linguista Silvio Ceccato (1914-1997) col tono evidente di chi punzecchia chiedeva alla gente “Scusi, lei lo sa come si fa a pensare?”, una possibile risposta alla sua arguta domanda avrebbe potuto essere che si pensa mediante parole e si parla grazie a pensieri. E la madre di tutte le parole è la parola di Dio che si rinviene nelle Scritture – che non vanno lette per nessun motivo, guai solo a sfogliarle, ché possono far venire idee strane…
Questa “madre” partorisce infatti cose che si sperano e dimostra realtà che non si vedono (Ep. Ebrei, 11). La parola è ragionamento, pensiero ragionato, sapienza comportamentale (Giovanni, 1). L’adorazione del discepolo di Gesù è chiamata “culto razionale”, che include non solo la preghiera personale e comunitaria, ma la vita intera e la morte (Romani, 12). In tutta la Scrittura uno dei criteri basilari da utilizzare di continuo è chiamato “discernimento”, nonostante chi banalmente ritiene che credere significhi rinunciare a pensare: “Ma quanno mai!?” come direbbe un mio amico sarausano, amante del buon cibo e amico di Cristo.
Dunque però il 15 luglio gli spettatori del Teatro Caracalla di Roma non hanno visto Camilleri recitare il suo Caino. È noto infatti che dal 17 giugno scorso lo scrittore si trova fra la vita e la morte.
In questi circa 28 giorni sono morte di fame, sete e violenze molte persone nei campi di concentramento in Libia; decine di altri sono affogati tentando la traversata del mare dopo aver attraversato deserti; autovetture guidate da drogati hanno ucciso qui da noi bambini e giovani ragazze; la violenza di calamità naturali ha fatto danni e ucciso gente; è stata ricordata la strage di Ustica, ormai mistero storico; donne e bambini sono morti ammazzati nella guerra che imperversa nello Yemen; personaggi pubblici vari hanno imitato Montalbano e Fazio quando addicidono di fari nu poco di tiatro...
Dunque, l’uomo si era proposto di fare nu bello tiatro il 15 luglio, ma Dio provvede diversamente. Così il caso personale di un grande scrittore può diventare emblematico, esemplare. Ma di che cosa? Dell’effimero che caratterizza la nostra cosiddetta autonomia, la nostra cosiddetta indipendenza. È vero invece che “io mi son rimesso a considerare che sotto il sole, per correre non basta esser agili, né basta per combattere esser valorosi, né esser savi per aver del pane, né essere intelligenti per aver delle ricchezze, né esser abili per ottener favore; poiché tutti dipendono dal tempo e dalle circostanze” (Qohelet, 9). E questa è una verità sia per chi vive sia per chi muore.
Il gentile ateo si convince di essere lui a porre le irrisolte quistiuni dell’esistenza per fare lo sgambetto al credente. Egli ignora che invece la questione è posta proprio dall’Evangelo che per la penna di Giacomo scrive: “Che cosè la vita? Siete un vapore che appare per un po’ di tempo e poi svanisce” (Ep. Giacomo, 4). Se Camilleri riotterrà la salute ringrazieremo u Signuri. Se morirà ringrazieremo u Signuri che gli diede la fantasia di scrivere la stupenda chiusa del racconto breve La cappella di famiglia: “La sira, chiuienno la cancillata del camposanto, Gersomino pinsò che di certo mai i morti si erano addivirtuti tanto come in quel dù di novembrino”.
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Roberto Tondelli (Libertà Sicilia 07 2019)
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