Riflessioni

EFFE come famiglia

Effe come famiglia È vero che c’è bisogno di aggregazione solidale per vincere le paure, però… In una intervista (Agorà, Rai 3, 02/04/2019) il noto e apprezzato teologo Vito Mancuso ha detto cose interessanti. Definendosi post-cattolico, ha spiegato: “Senza il cattolicesimo non sarei quello che sono; ancora il cattolicesimo e il cristianesimo vivono dentro di me, ma il cristianesimo e il cattolicesimo non sono la completa definizione del mio pensiero, della mia speranza, di quello che vedo nel mondo”. Riguardo al recente convegno mondiale sulla famiglia (Verona), ha ricordato che il biblista Carlo M. Martini, citando il filosofo Norberto Bobbio, diceva che la vera differenza non è tra chi crede e chi non crede, ma tra chi pensa e chi non pensa. “Secondo me – dice Mancuso – la famiglia ha un estremo bisogno di pensiero, è la cellula fondamentale dell’umanità… a Verona ho visto, ma magari sbaglio, tanta propaganda ma poco pensiero. Invece avremmo bisogno di pensiero (…). Si fa propaganda perché c’è un grandissimo bisogno di aggregazione, c’è tanta paura nel mondo, soprattutto in Italia e sulla base della paura si tenta di alimentare il consenso. Cosa vuol dire avere paura? Vuol dire sentirsi soli e, quindi, come faccio per fare in modo che le persone non si sentano più sole? Gli parlo di Dio, di patria e di famiglia che sono i contenitori di tre grandi aggregazioni. E questo lo faccio non come propaganda. Quando io prendo il mondo e lo divido in buoni e cattivi, e invece di dire ci sono diversi colori, diverse sfumature dico invece è tutto bianco o nero, questo non è esercizio del pensiero, questa è propaganda”. Ci sono qui delle buone idee. È vero che credere vuol dire pensare; possibilmente con la mente del “maestro” Cristo Gesù, guida unica del credente (Matteo 23,8 ss.). È vero che la famiglia è la cellula fondamentale dell’umanità: la famiglia di Gesù, suo padre, sua madre, i fratelli e le sorelle erano noti nella società di Nazaret (Matteo 13,55), come era nota la famiglia di Pietro, sua moglie, sua suocera (Matteo 8,14 ss.). È vero che c’è bisogno di aggregazione solidale per vincere le paure, come è vero che la conoscenza dell’amore di Dio in Cristo fa vincere la paura. È vero che talvolta si usa purtroppo la paura per creare consensi (una vera follia). È vero pure che non bisogna sempre separare tutto in buono e cattivo, talvolta ci sono sfumature da considerare. È vero che non c’è nulla in comune tra pensiero e propaganda. Poi Mancuso prosegue: “È già sbagliata l’idea de “la” famiglia. Esistono “le” famiglie, tutte diverse e irregolari. Già il latino lo dice, “pater familias”, la grammatica dovrebbe dire “familiae”. La famiglia è una grandissima e bellissima aggregazione. I nostri atomi sono relazioni, le nostre molecole, l’acqua che è il 70% del nostro corpo è un’aggregazione. Anche gli esseri umani, siccome sono formati da questa logica aggregativa cercano aggregazioni e quindi quando uno trova la persona giusta si unisce a questa persona, diventa una molecola, qualcosa di superiore. Questa è la famiglia ed è la cosa più straordinaria che c’è. Quando uno incontra la persona giusta e forma questa cosa non c’è niente di più bello e riempitivo, indipendente dal sesso. E penso che il diritto all’amore sia nativo di ogni persona, ogni persona ha un diritto profondo, radicato nelle nostre cellule, all’amore e al riconoscimento dell’amore”. Buona questa frase sull’amore, anche se purtroppo sembra qui che il pensiero del teologo si lasci guidare più da moderne concezioni filosofiche e culturali che dal pensiero di Cristo. Mancuso deduce la diversità, la varietà e la irregolarità delle “famiglie” dalla espressione latina “pater familias”, come se significasse padre di “famiglie” (plurale) varie, diverse, irregolari. Invece, la desinenza -as è un arcaismo unico (forse un genitivo “alla greca”, utilizzato anche da Cicerone). Il “padre di famiglia” (tale è la traduzione letterale) era il capo del clan: moglie, figli, schiavi, nuore. Egli aveva la “patria potestas”, la “patria potestà” sulla “famiglia”, cioè un “terribile diritto” che comportava ampie facoltà e un potere punitivo che, nel costume romano arcaico, arrivava fino al diritto di vita o di morte (Legge delle XII tavole). Più tardi quel diritto del “padre di famiglia” si ridusse a una sua generica supremazia, più che all’arbitraria disponibilità della vita dei figli. Infine, sotto Adriano (117-138 d.C.) si ha un caso interessante: l’imperatore fa deportare un padre che ha ucciso il figlio colpevole di adulterio con la matrigna; il che mostra come lo Stato tenda ora (II secolo) a riservarsi il diritto di vita e di morte sui sudditi. Dunque, l’espressione latina “pater familias”, padre di famiglia, non sembra indicare “famiglie” di diversi tipi, irregolari, molteplici, come vorrebbe Mancuso. Nei suoi libri, fondandosi su qualche autore molto critico verso il testo biblico, il teologo sostiene che la Scrittura biblica non è Storia (Io e Dio, 2011). Si potrebbe rispondere che altri importanti autori sostengono invece la storicità del testo biblico, suffragata proprio da ricerche archeologiche, storiche, filologiche e altro. Ma qui si preferisce semplicemente citare Gesù (storico) che, rifancendosi alle Scritture, afferma: “Colui che li creò al principio li fece maschio e femmina e disse: Per questo motivo l’uomo lascerà suo padre e sua madre e si unirà a sua moglie e i due saranno un essere solo. Così non sono più due, ma un solo essere” (Matteo 19,4). Non sembra proprio che l’aggregazione della famiglia origini qui? Certo, si dice (e Mancuso lo scrive) che oggi la realtà è cambiata, che occorre tener conto della realtà, che la realtà si impone. Bene. Però la semplice lettura di un famoso testo letterario del I secolo, il Satiricon (attribuito a Petronio Arbitro), mostra che la “realtà” di quel tempo era proprio simile a quella odierna. Ma né Gesù né i discepoli si lasciarono impensierire dalla “realtà” in cui erano immersi. Anzi, cercarono di cambiare le menti delle persone proclamando la realtà voluta da Dio. L’essere umano può certo tentare vie diverse, irregolari, varie, molteplici, multiformi, multicolori. Lo ha già fatto in molti ambiti della realtà della vita. Da millenni non si fa altro che tentare la strada dell’indipendenza e dell’autonomia da Dio. Si può certo continuare così: basta però accogliere tutte le conseguenze di questa scelta. Si può, in alternativa, imparare a confidare nella parola sobria che Cristo (storico) ha da dire anche sulla famiglia: ma assumendosi, anche in tal caso, la responsabilità seria di tale opzione. © Riproduzione riservata Roberto Tondelli – 04 2019 (in versione lievemente modificata l’articolo è apparso in Libertà Sicilia)

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