Riflessioni

LEGGE E COSCIENZA

Legge e coscienza Giustizia, misericordia, fedeltà, amore di Dio: questi fondamenti sono confluiti nella coscienza comune (se non è ottenebrata) J. Jordaens, Gesù e i farisei Si può dire che dall’epoca di Costantino in poi religione e politica condividono un pericoloso elemento comune che, se non è tenuto sotto controllo, rischia di far degenerare entrambe. Questo elemento è l’ipocrisia. Il campo d’interesse di questa paginetta non è la politica ma la religione e a questo ambito ci si attiene, lasciando al Lettore le eventuali applicazioni alla sfera politica di quanto si dirà. Gesù, fine psicologo, si accorge subito del rischio di ipocrisia in religione e lo condanna con indignazione in una famosa arringa: “Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima della menta, dell’anèto e del cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della legge: la GIUSTIZIA, la MISERICORDIA e la FEDELTÀ. Queste cose bisognava praticare, senza omettere quelle. Guide cieche, che filtrate il moscerino e ingoiate il cammello! (Mt. 23,10 ss.). Luca riporta lo stesso discorso molto forte di Gesù: “Ma guai a voi, farisei, che pagate la decima della menta, della ruta e di ogni erbaggio, e poi trasgredite la GIUSTIZIA e l’AMORE di Dio. Queste cose bisognava curare senza trascurare le altre… Guai a voi perché siete come quei sepolcri che non si vedono e la gente vi passa sopra senza saperlo» (Lc. 11,42 ss.). “Per legge” bisognava pagare la decima del raccolto di certe erbe. I farisei osservavano con scrupolo tale norma legale. Ma si voltavano dall’altra parte quando si trattava di cose ben più gravi, riguardanti la GIUSTIZIA, la MISERICORDIA, la FEDELTÀ, l’AMORE DI DIO. Ecco perché Gesù li accusa di ipocrisia. Quando il potere religioso di Gerusalemme stabilisce “per legge” che non si debba più parlare di Gesù, la reazione dei discepoli è chiara: “… ordinarono loro severamente di non parlare né di insegnare nel nome di Gesù. Ma Pietro e Giovanni replicarono: Giudicate voi, se sia giusto innanzi a Dio obbedire a voi più che a lui! (Atti 4,17 ss.). I discepoli insistono nell’annunciare la morte e la risurrezione di Gesù, per cui l’ordine legale di “non insegnare più nel nome di costui” viene ribatito con maggior forza. Ma la risposta di Pietro e degli apostoli è fermissima: “Bisogna obbedire a Dio piuttosto che agli uomini” (Atti 5,29). E nel dire così rischiano la morte. Esiste dunque un modo ipocrita di osservare la legge. Qual è questo modo? Quello che trascura giustizia, misericordia, fedeltà, amore di Dio. Detto in termini attuali, una legge che vìola diritti umani fondamentali è una norma LEGALE, però è MALVAGIA. Come tale merita che “si debba ubbidire a Dio piuttosto che agli uomini”. Le leggi le fanno gli uomini, sono frutto della coscienza di uomini. Ora la coscienza può essere illuminata, nobile e informata, ma può anche essere “bollata da un marchio bruciante” ovvero frutto di una “mente ottenebrata” da incompetenza e pregiudizio (Rom. 1,21; 1 Tim. 4,2). In un suo lavoro erudito, M. Maślanka-Soro ricorda che nell’Antigone (Sofocle, 442 a.C.) il sovrano Creonte punisce la donna, che ha infranto la legge con cui egli vietava il seppellimento del cadavere di Polinice. Creonte crede che L’OBBEDIENZA ASSOLUTA dei sudditi alle decisioni ritenute giuste da chi esercita il potere sia condizione fondamentale del buon funzionamento dello stato. Ma il suo modo di ragionare e di agire si basa su premesse erronee e ingiuste che urtano contro il Diritto Superiore (leggi divine e affetti familiari) rappresentato da Antigone. Secondo tale Norma Superiore, non c’è distinzione fra morti e morti (né tantomeno fra vivi di serie A e vivi di serie B), perché è necessario «condividere l’amore, non l’odio». Antigone si richiama così «alle leggi non scritte, incrollabili, degli dèi, che non da oggi né da ieri, ma da sempre sono in vita, né alcuno sa quando vennero alla luce» (Maria Maślanka-Soro, La “legge” di Creonte e la tragedia di Antigone in Alfieri alla luce dell’archetipo sofocleo). Questa Norma Superiore, alla quale le leggi umane potrebbero (e forse dovrebbero?) informarsi, è scritta proprio nel Nuovo Testamento. Essa si fonda su quattro pilastri che nessuno può eliminare impunemente: GIUSTIZIA, MISERICORDIA, FEDELTÀ, AMORE DI DIO. Questi fondamenti sono confluiti (piaccia o no, e nonostante errori e orrori attestati dalla Storia) nella cultura/coscienza europea (e non solo) e sono quelli che fanno comprendere, almeno a chi non ha la coscienza ottenebrata, che se una legge dello Stato esige, ad esempio, il culto della Persona, è una legge ingiusta; se una legge dichiara che un gruppo religioso deve essere internato, è una legge ingiusta. Dinanzi a leggi del genere l’imperativo morale pratico è: si deve obbedire a Dio piuttosto che agli uomini, come fece Antigone, come fece e insegnò Gesù, come fecero i suoi primi discepoli. Al contrario di ciò che comunemente si pensa, è proprio l’Evangelo di Cristo che incoraggia e insegna a pensare con responsabilità e con la propria mente: anche per valutare se una legge è secondo GIUSTIZIA o meno. Quando qualcuno manca alla parola data, siamo in diritto di dirgli che è stato INFEDELE proprio perché abbiamo il valore della FEDELTÀ nella nostra coscienza (se non è ottenebrata). Riguardo all’amore di Dio, pur in presenza di un ateismo molto sciorinato, la crudeltà della tortura o della guerra sono rigettate dalla nostra coscienza (se non è ottenebrata) perché in fondo riusciamo ancora a capire che, per dirla con Gesù, condividere AMORE è molto meglio che condividere ODIO. Si dimostra in tal modo che “una legge che non ha nulla a che fare con la giustizia è una legge perversa” (Massimo Cacciari). © Riproduzione riservata Roberto Tondelli – 01 2019

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