RISORTO, ALTRO CHE BAGGIANATA
Risorto: altro che baggianata
L’Evento che sventra la morte
Succedeva raramente, ma accadeva anche a Gesù di perdere la pazienza. Dopo aver guarito malati di ogni tipo, ciechi, invasati, lebbrosi, indemoniati, gli si avvicinano i capi religiosi, coi quali Gesù ha da sempre cattivi rapporti perché hanno trasformato la religione in mercato e in politica. Dunque, dopo molte guarigioni costoro gli si avvicinano e gli chiedono: “Mostraci un miracolo”. Gesù risponde: “A questa generazione non sarà dato altro che il SEGNO DI GIONA”. Certo i capi religiosi sanno chi era stato Giona, il profeta riluttante che, dopo esser finito in fondo alla balena, era finalmente andato a predicare la salvezza fra i pagani di Ninive, ottenendo molte conversioni. Vicenda antica, ma attuale. Ciò nonostante, nessuno degli interlocutori di Gesù capisce che cosa sia “il segno di Giona”. Forse, anche oggi molta gente resterebbe interdetta a sentire tale espressione. Oggi quasi nessuno sa più né chi è Giona né tantomeno che cosa sia “il segno di Giona” per la NOSTRA generazione. La mancanza di conoscenza produce morte, morte nel cervello, morte nel corpo, morte nello spirito…
Nel nome di Gesù, in quella che dovrebbe essere la religione dei valori di Cristo, si fanno tante cose. Quasi tutte, però, sono frutto della generale SCHIAVITÙ ALLA DITTATURA DEL CONSUMISMO e dell’edonismo più sfrenati iniziata in Italia negli anni del cosiddetto boom economico, della illusione del progresso, cioè del progresso con tutte le sue illusioni.
È una dittatura che si esercita, in silenzio e con dolcezza, per 365 giorni l’anno, soprattutto mediante una pubblicità martellante. Se si accende la televisione c’è quasi sempre la pubblicità. Poi ci sono momenti in cui la dolce dittatura del consumismo diventa soave. Siamo sotto natale, nasce Gesùbambino (la data del 25 dicembre, correttamente negata da papa Wojtyla, fu però mantenuta per tradizione). I cuori diventano morbidi come il panettone, i sentimenti dolci come il torrone. La “password” di tutti è “mangiamo e beviamo”. Curioso, è la stessa frase usata dai corinzi per negare la risurrezione di Cristo Gesù e per darsi a una vita edonistica, la stessa che si vive oggi. La gente ignora che, proprio con questa frase, si cita il Vangelo, però a propria condanna.
La gente non crede più a niente. Il cardinale Ravasi ha persino affermato che oggi i credenti sono una minoranza – in verità non lo sono sempre stati? E perché mai essere una minoranza dovrebbe costituire un così serio problema per chi è dalla parte del Cristo? Ma perché mai la questione del numero dovrebbe essere tanto rilevante per i discepoli del Maestro Gesù Cristo?
Ci si chiede se Ravasi non sia forse un ottimista. Un’analisi accurata mostra anche che chi crede ha spesso una fede puramente formale, esteriore, sociale. La (cosiddetta) fede può essere utile alla scalata sociale, magari a fare un buon matrimonio, per chi ancora si sposa. La storia del bambinello non ha più presa sui sentimenti della persona, la quale, pur dicendosi cristiana, ignora la potenza dell’Evangelo di Cristo. Forse, persino chi dà qualche rilevanza alla nascita di Gesù non si metterebbe mai a discutere seriamente di RISURREZIONE.
Eppure proprio questo è il solo EVENTO, degno di tale nome, che ha spaccato la Storia, ha sfasciato le religioni, ha profanato il sacro e santificato il profano, ha negato ogni valore al potere religioso, ha sventrato la morte, ha prodotto vita magnifica a disposizione di tutti. Il “segno di Giona” è la risurrezione del Cristo. Perché mai correre alla tomba, saltando nel buio, quando vita e luce sono a disposizione gratuita in Cristo?
L’IDENTITÀ dei discepoli di Gesù sta nel prendere sul serio la sua risurrezione. L’Evangelo lo dice bene nel capitolo 15 della Prima Lettera ai Corinzi. Oggi i discepoli ascoltano con gusto gli abili comunicatori della buona religione del consumismo e gli atei incalliti. I quali negano Dio, ma non parlano quasi mai di Cristo Gesù, quello vero, presentato nel Nuovo Testamento. E ciò per almeno due buone ragioni.
Primo, perché conoscono teologie, dottrine e catechismi ma non conoscono il Nuovo Testamento né il Cristo dell’Evangelo né, quindi, ci credono. Ciò rispecchia la posizione di intellettuali oggi in voga, come Corrado Augias e Vito Mancuso. Secondo, perché negare l’esistenza dell’ente supremo, del dio in cielo, del dio delle chiese e delle religioni è molto più semplice che SBATTERE LA FACCIA contro il Gesù storico (e della fede) del Nuovo Testamento. Questo libro, ispirato da Dio, ha il vero coraggio intellettuale di porre la questione in termini cruciali: “Se Cristo non è risorto, la nostra fede è vana”. Questa formula di Paolo apostolo è più inflessibile e affilata della lama dei coltelli che l’Isis adopera per sgozzare.
Se Cristo NON È risorto dai morti, e non ha quindi assunto la vita di Dio, la fede dei discepoli è una sciocchezza. Buona o cattiva fede; fede vera o falsa; fede di molti, di moltissimi oppure di pochi, di pochissimi; fede attestata da sacri libri o sognata; fede inventata a tavolino o fondata su apparizioni; fede pregata o praticata; fede invocata o sperata; fede amata oppure odiata; tutta la fede, ogni fede, e quindi ogni fiducia è una baggianata. E con la fede “vana”, dentro lo stesso pozzo senza fondo, vanno gettate pure ogni speranza e ogni sentimento di amore. Se Cristo non è risorto, e quindi la fede è vana, allora “lasciate ogni speranza, o voi che entrate” in QUESTO mondo. Poiché questo è – lo è davvero – l’inferno. Ce lo assicurano internet e la TV tutti i santi giorni. Se però Gesù Cristo è risorto, che cosa cambia? Qualcosa cambia davvero?
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Roberto Tondelli – 12 2018
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