MA SEI FELICE?
Ma sei felice?
A volte la felicità ci è più vicina di quanto pensiamo.
Anzi, ce la possiamo creare con le nostre stesse mani
L’Evangelo di Cristo presentato nel Nuovo Testamento è fonte di incommensurabile consolazione, saggezza, salute spirituale per i suoi discepoli. L’Evangelo infatti è incommensurabilmente diverso da libri, catechismi e insegnamenti pensati da uomini: testi scritti su tavole d’oro che sarebbero stati portati a qualcuno da un certo angelo; catechismi che ogni due o tre generazioni vanno riscritti per adattarli a nuove mentalità e culture; messaggi che sarebbero stati dati, ancora da angeli o mediante apparizioni…
Può essere interessante notare come sopra questi miracolosissimi scritti e annunci e comunicazioni si fondano, da sempre, religioni che sposano in pieno i poteri forti di questo mondo: potere economico, sociale, politico, ma anche religioso. Tali sono i poteri che fanno e scrivono la Storia di questo mondo. Insieme a loro anche le stesse religioni giocano la loro partita per il potere adottando parole spirituali come “cristo”, “chiesa”, “apostoli”, “morale”, “geova”… Tali poteri si accordano poi fra loro per vincere la gara del potere in questo mondo e di questo mondo. E vincono davvero; infatti accumulano in terra beni mobili e immobili, chiedono e ricevono doni di ogni genere, la loro parola potente viene stimata, anzi basta una loro parola per determinare un’ottima raccomandazione, un acquisto lucrativo, una vittoria politica e molto altro ancora. Mentre tali poteri parlano di “paradiso” e di “inferno”, accumulano beni in questo mondo e di questo mondo. Il che fa riflettere quanti tendono a prendere almeno un po’ sul serio le parole di Gesù che afferma: “Il mio regno non è di questo mondo”.
La questione cruciale è: ma a chi oggi importa ciò che Gesù ha fatto e detto? Non è forse vero che uno scetticismo dilagante produce una grossa e crassa disattenzione alle cose spirituali? Non è forse realistico ritenere che molti, vista la gara per il potere giocata anche in ambito religioso, o si allontanano da ogni forma religiosa o adottano una religiosità basata su tavole d’oro, catechismi prettamente umani e angelici messaggi di visionari? Nessuno sa più la differenza esistente tra i santi e Gesù, oppure tra i potenti e Gesù? Come mai, mentre tutti i religiosi parlano di tutto, Gesù sembra tacere?
Come accennato sopra, tuttavia, l’Evangelo di Cristo (Nuovo Testamento) è fonte di immensa consolazione, sapienza e salvezza spirituale per chi l’apprezza. I discepoli di Gesù sanno leggere i segni dei tempi. Segni che non lasciano presagire nulla di buono. Ci vuole pazienza. Se pensiamo che il mondo stia peggiorando e non si sa dove andremo a finire, vuol dire che stiamo invecchiando perché vediamo oggi quel che già c’era, ma che non vedevamo, quando eravamo giovani.
Deve dunque averla vinta la disperazione? Tutt’altro. La speranza certezza in Gesù è la sola cosa che resta in un mondo di bugiardi. È vero, però, che “la via” alla salvezza è stretta, mentre larga è la strada che conduce alla perdizione. E questa la prendono tutti, o quasi. Eppure, nonostante celestiali messaggi di ogni tipo e per ogni gusto, l’Evangelo di Gesù è tutt’oggi la sola unica insostituibile “parola di Dio” rivelata agli umili.
Paolo apostolo riferisce un detto di Gesù che provoca a pensare: “In ogni occasione vi ho mostrato che, lavorando così, si devono tenere in considerazione i poveri e ricordare le parole del Signore Gesù che ha detto: Più felice cosa è il dare che il ricevere” (Atti, 20). È vero che con il Padrenostro non si governa (Norberto Bobbio), ma un discepolo di Gesù che non tiene in considerazione i poveri è un falso, perché non sa – o finge di non sapere – che il criterio di vita praticato da Cristo è proprio questo: più felice cosa è il dare che il ricevere.
La vita presenta una sorta di libro mastro dove sono annotate le entrate (ricevere) e le uscite (dare). Secondo i criteri insegnati e imparati da tutti, a tutti i livelli, in tutti gli ambienti, il ricevere è molto più importante e rende molto più felici del dare. L’Evangelo insegna l’opposto. Il principio esistenziale di Gesù insegna a praticare l’esatto contrario. Gesù lo ha dimostrato per primo. Ha dato il suo insegnamento fondato su cose che aveva udito dal Padre suo. Ha dato la vista a ciechi, salute a malati, perdono a peccatori (quelli pentiti!). Ha dato tanta della sua pazienza a farisei cocciuti, a sadducei increduli e a discepoli indegni della sua sapienza. Pietro descrive Gesù come uno che andava per la Palestina dando il proprio bene agli altri. Gesù dava e si dava a tutti. Ha ricevuto l’amore di Dio e l’affetto di qualche amico insieme a velenosa maldicenza, odio accanito, maligni voltafaccia e baci a tradimento. Ha dato buon esempio ai fratelli e i fratelli lo hanno preso per uno che era “fuori di sé”. La fine di Gesù è nota, è morto ammazzato come un delinquente.
Dal punto di vista dei poteri forti di questo mondo, Gesù ha dimostrato scientificamente che dare, darsi e fare il bene non conviene. Il che è vero per il mondo e per i giochi di potere di questo mondo, ma si rivela una idiozia perfetta dinanzi al Cristo risorto per la potenza di Dio. Molti però (visto come va il mondo e visto che è stretta la via della salvezza) non si fidano più, purtroppo, dell’Evangelo, fonte di incommensurabile consolazione, saggezza e salute spirituale. Per questo la gran parte dei cristiani – si fa per dire – non tiene i poveri in alcuna considerazione e ignora il criterio pratico di Gesù “più felice cosa è il dare che il ricevere”. Infatti a questo principio di vita ha sostituito l’altro “nessuno fa niente per niente”. Cioè, ogni cosa si fa per tornaconto personale. Nessuno più fa qualcosa per amore. Nessuno fa più qualcosa non aver averne un contraccambio, ma per amore, solo per amore. Come fa Dio. Come fa Gesù. In tal modo, facendo tutto per tornaconto, i potenti hanno insegnato a tutti che la vita è mercato, che valgono solo le leggi di mercato, non solo in economia, ma anche nella vita sociale e nella politica. E anche in religione – almeno nelle religioni degli uomini. Dio, al contrario, agisce in Cristo Gesù secondo un criterio diametralmente opposto, quello che afferma appunto: “più felice cosa è il dare che il ricevere”.
Alla luce di tutto ciò, la domanda che viene spontaneo farsi può esser questa: in quale dei sacri libri d’oro, in quale dei celestiali messaggi o in quale dei libri discesi dal cielo c’è scritto che “più felice cosa è il dare che il ricevere”? Quale dei potenti – grandi e piccoli potenti – pratica davvero il detto “più felice cosa è il dare che il ricevere”? Prima di rispondere, facciamo attenzione alle bufole. E se quel detto di Gesù ci arrischiamo ad attuarlo, facciamolo per nulla, cioè per amore, senza aspettarci riconoscenza, ma forse qualche calcio, se va bene.
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Roberto Tondelli – 10 2018
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