Riflessioni

Si sente dire che quella di Gesù sarebbe una favola...

Gesù è una favola? Il problema degli atei Quando una certa cultura ritiene “pericoloso” un certo libro lo riduce a favola, “libro per ragazzi”. È stato questo ad esempio il destino dei Viaggi di Gulliver (J. Swift, 1726), di Pinocchio (C. Collodi, 1881) e così via. Si tenta continuamente di fare la stessa cosa con la Scrittura biblica, specie col Nuovo Testamento, che documenta atti e vita di Gesù e dei primi discepoli. Per 18 secoli il testo biblico fu accettato quasi senza riserve. Poi con l’Illuminismo esso cominciò ad essere sottoposto a severa critica, la quale si è sviluppata negli ultimi due secoli. Gli studiosi sanno che la critica biblica ha finito per rivelarsi un gran bene per il testo biblico sia per l’accuratezza del testo sia per l’affidabilità della sua trasmissione. Oggi qualunque liceale ha a sua disposizione un ottimo testo greco del Nuovo Testamento dotato di accurato apparato critico (manoscritti, ecc.). Anche le stesse traduzioni hanno molto beneficiato della critica biblica e oggi ce ne sono di ottime. Tutto ciò non basta tuttavia a una certa cultura per la quale la figura, gli atti e gli insegnamenti di Gesù sono “favola”. Il Nazareno viene paragonato, facilmente e volentieri, al “primo socialista”, a Che Guevara, a un visionario, a uno che ha predicato cose irrealizzabili. Insomma Gesù è favola, fantasia che si confonde con Babbo Natale o “Gesù bambino”. Poi una certa cultura si attiva per annebbiare e affogare in ogni modo possibile la figura e l’opera di Gesù. Noti atei (il matematico P. Odifreddi o il giornalista C. Augias) scrivono libri sulle presunte contraddizioni di Gesù o del testo biblico. Essendo atei, infatti, riuscirebbe loro difficile scrivere centinaia di pagine sul “nulla” in cui essi credono, per cui preferiscono scrivere screditando Gesù e vendere i loro libri a un pubblico che ha una atavica “mancanza di conoscenza” dei biblici testi sacri (grazie anche a coloro che per secoli hanno proibito la lettura della Bibbia: solo dopo il Vaticano II la Bibbia fu tolta dall’Indice, elenco dei libri proibiti al cattolico). dio non c’è: e allora? [per Fiorella: dio con la “d” minuscola] “Ateo” significa “senza dio”. Costui ha ogni diritto di “non” credere a un qualsiasi dio, diritto inviolabile, riconosciuto da dio stesso. Infatti il Salmo 14 garantisce all’ateo il diritto di affermare che “non c’è dio”. Perciò, detto fatto, “dio” è cancellato dal cervello. Uno decide, per libera scelta, di “non” credere, cioè di credere al “NON”, al nulla. Nulla c’è, né prima né dopo questa vita. Solo “questa” vita c’è. Altro non c’è. Vivere bene, in gioia e armonia “questa” vita. Poi nulla. Fra il dolore del nascere e il dolore del morire qualche gioia, pena, lavoro, fatica, sconfitte, mortificazioni, lotte, guerre, figli, ancora gioie e dolori. Poi nulla. Tutto è finito. Finito nel nulla. Uomo e bestia condividono un unico destino mortale. La cosa curiosa è che molti atei che hanno letto Spinoza o Kant o anche senza riflessioni filosofiche, sono dotati di una mancanza di conoscenza così clamorosa che ignorano che un intero libro della Sacra Scrittura, Qoelét, registra più o meno proprio i loro ragionamenti, quelli di cui al paragrafo precedente. Non ci credete? Leggetelo. È a disposizione di tutti da millenni. Non solo, ma la Scrittura è punteggiata di invettive tali “contro dio” che al loro confronto i moderni ragionamenti ateistici sono zuccherini. Questo l’ateo non lo sa. Come mai? Perché parla (e scrive) o senza aver letto un bel nulla di ciò di cui parla (caso frequente) o avendo letto con gli occhiali del pregiudizio o (caso frequente) facendo un bel minestrone di fede, religione, dio, chiesa, vaticano, santi, madonne, protestanti… Ma il vero problema dell’ateo non sta solo nella scelta del NULLA. Davanti a sé sta un iceberg alto, largo, vasto, profondo. Qui egli non può far finta di “nulla”. L’iceberg è Gesù, la persona storica di Yeoshuà/Gesù attestata nei documenti storici del Nuovo Testamento (e perfino nel Corano!). Occorre prenderli sul serio: leggerli bene, meditarli con cura, considerarli almeno con la stessa umiltà con cui Benigni considera la Commedia dantesca, esaminarli e poi decidersi: o sì o no a Gesù detto il Cristo. Uno si può anche sbarazzare di dio. Ma Gesù, se siamo onesti, ce lo ritroviamo ancora davanti, più forte e amabile che mai.

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