1 Servizio al Lettore/Apparizioni del Risorto_I morti
Servizio ai Lettori
Le apparizioni di Cristo risorto
Coscienza dei morti
Lo studio personale e la riflessione sulla Scrittura hanno prodotto qualche domanda in un Lettore. Lo ringrazio e rispondo ricordando che, volendo evitare superficialità e banalità, non è facile porgere risposte brevi; talvolta infatti le domande presentano aspetti più profondi di quanto sembri. Comunque ecco le domande e le sintetiche risposte.
I quattro evangeli parlano di molte apparizioni di Gesù risorto ai suoi discepoli; se ne può ricavare un ordine? Mi pare che l’ultima apparizione sia quella di Lc 24. Vero o falso? [Michele Torino, Prato].
Ecco le apparizioni del risorto registrate nel N. Testamento.
Matteo
28,8 ss – Gesù risorto va incontro alle donne con un “Salve!” Le rassicura e dice loro di andare ad “annunciare” ai fratelli di andare a Gerusalemme dove lo vedranno.
28,16 ss – in Galilea, presso un monte indicato da Gesù, i discepoli vedono il risorto, che conferisce loro il grande incarico di andare a predicare.
Marco
Se si esclude la finale lunga (16,9-20), vi è solo la parola del giovane vestito di veste bianca che afferma la risurrezione (16,6).
Se si include la finale lunga si ha:
apparizione prima a Maria di Magdala – suo annuncio ai discepoli (v.10) e loro incredulità (vv. 11-13);
apparizione a “due di loro” (v. 12 – forse i due di Emmaus? v. Luca), che però non vengono creduti dagli altri;
“infine” apparizione agli undici che sono “a tavola” (v. 14) – incarico di predicare.
Luca
parola dei due uomini vestiti in vesti sfolgoranti (24,4 ss.);
manifestazione di Gesù ai due di Emmaus e “riconoscimento” (24,31);
anche agli undici è apparso (24,34);
Gesù compare in mezzo a loro (24,36 ss.).
Giovanni
appare a Maria Maddalena (20,11 ss.);
la sera di quello stesso giorno appare ai discepoli (21,19 ss.);
otto giorni dopo nuova apparizione (a Tommaso 21,26 ss.);
“tempo dopo” (21,1) – ma quanto tempo dopo? – appare a sette discepoli presso il lago di Tiberiade (21,1 ss.).
Paolo
1 Corinzi 15,1 ss. sembra presentare una certa sequenza di apparizioni all’inizio del trattato sulla risurrezione:
il Signore appare a Cefa (di ciò non abbiamo notizia dai Vangeli) e “poi” ai dodici (v.5);
“in seguito” appare a più di cinquecento fratelli insieme (v.6);
“quindi” appare a Giacomo (v.7; notizia originale in Paolo), “poi” a tutti gli apostoli;
“per ultimo” appare a Paolo stesso (v. 8).
Questi mi sembra siano i dati delle apparizioni presenti nel testo. A mio parere trarre da essi un “ordine” non ha molto senso, perché ciascuno dei cinque scrittori persegue scopi suoi propri, che caratterizzano il suo scritto e solo quello, vale a dire l’insegnamento che ciascun Autore, ispirato dal Signore, vuole presentare alle comunità cui scrive, e cioè, in estrema sintesi (ma qui occorrerebbe uno studio ben più articolato!):
a) Marco, forse il più antico, presenta la predicazione di Pietro a un pubblico di origine latina. Suo intento è svelare il segreto messianico che si manifesta nel “figlio d’uomo” (cfr. Dan. 7,13 s.). Poche sobrie indicazioni sulla risurrezione;
b) Matteo scrive il suo insegnamento per un pubblico di giudeocristiani (Siria, Palestina). Anche qui poche indicazioni sulla risurrezione;
c) Luca dipende da Paolo, scrive forse per un pubblico di gentili. Anche qui non sembra che conti molto l’ordine delle apparizioni quanto piuttosto l’adempiersi delle Scritture (24,44 ss.!);
d) Giovanni, il più indipendente degli evangelisti. Le apparizioni servono a: certificare la cosa a Maria, ai discepoli, a eliminare il dubbio di Tommaso (e non solo suo) e a riconfermare Pietro;
e) Paolo sembra presentare una certo ordine di apparizioni, ma il suo intento non sembra tanto quello di metterle in sequenza, quanto piuttosto di introdurre il suo grande discorso sulla realtà della risurrezione di Gesù Cristo e, quindi, di tutti.
In base a tutto questo, a me pare che i singoli Autori siano interessati ben poco alla sequenza delle apparizioni e molto più allo scopo che ciascuno si prefigge nel suo scritto. L’ordine delle apparizioni, se così si vuol dire, è quello che ogni Autore ispirato dà alle apparizioni stesse. Lo scopo, invece, è fondamentale e testimoniante in ciascun Autore.
*****
I morti nell’ades (sheol) hanno coscienza? Hanno conoscenza? Intorno a questo argomento c’è confusione nel mondo religioso, ma anche nella chiesa di Cristo. Come sai benissimo Paolo apostolo, nella prima lettera ai Tessalonicesi (4,13) scrive che non vuole che siano ignoranti su questo argomento. Egli parla di “fratelli che si sono addormenti nel sonno della morte” e che quindi sono in attesa che Qualcuno li risvegli [M. T.].
Qui sarebbe davvero necessario uno studio articolato, che prendesse in considerazione tanti aspetti, ma mi limito solo a qualche considerazione. La confusione cui tu accenni deriva da semplice mancanza di studio serio del testo biblico e da strane frequentazioni (libretti, manuali, internet, ecc.) spesso senza alcun senso critico.
Il testo biblico conosce il termine “thánatos”, morte, ma va notato che quasi sempre lo esplicita come un addormentarsi, un sonno (perciò, né distruzione, né annichilimento della persona...). Questo “addormentarsi” non è un semplice eufemismo, ma il modo in cui la Scrittura, e quindi Dio stesso che in essa ci parla con amore, vede e presenta la morte, quella realtà che comunemente è intesa come nera, incappucciata, con la falce in mano...
Nella Bibbia ebraica si “muore” nel senso che ci si “riunisce ai propri padri” o antenati (cfr. molti brani che qui non sto a citare).
Nel N. Testamento:
Stefano “si addormenta” nel Signore (Atti 7,66).
“Dio condurrà con Gesù coloro che si sono addormentati” (1 Tes 4,14). Qui lo scopo del’Autore ispirato è di consolazione (4,18). Essere “condotti con” Gesù è infatti di grande conforto per i credenti addormentatisi prima del ritorno del Signore, e anche per noi stessi, che attendiamo quel ritorno.
Per Paolo “il vivere è Cristo e il morire guadagno!” (Fil 1,21). Il che è vero per ciascun credente la cui vita sia realmente Cristo. Se infatti il mio vivere è Cristo, ne segue che il mio morire è “guadagno”. Ovvero, come aggiunge poco dopo, il mio morire è “cosa di gran lunga migliore” perché vado “con Cristo” (1,23). Qui e ora vivo “in” Cristo, la mia vita è Cristo. Quando mi addormento ci guadagno nel senso che vado “con” Cristo. Gli sono quindi più vicino. Anche se è difficile (e forse inutile) dire, attualmente, quale sarà l’entità di questo “guadagno”, so per fede che ci sarà da “guadagnare”, e in qualche modo dovrò pur avere coscienza di tale “guadagno” (altrimenti che “guadagno” sarebbe?). Ovviamente qui non si tratta di una “coscienza” da sedute spiritiche o da santi mediatori e intercessori (realtà estranee all’Evangelo di Cristo), si tratta invece di una vicinanza all’amore del Signore maggiore di quella di cui godo ora. Anche perché oggi potrei perdere quell’amore, se lo tradisco o lo rinnego; se invece oggi opero per il Signore, domani muoio in Lui e mi riposo dell’opera compiuta, e per questo sono “beato” (Ap 14,13: ci “guadagno” davvero!).
Ancora Paolo, nel suo meraviglioso trattato sulla risurrezione in 1 Cor 15, in particolare al v. 20, scrive: “Cristo è risorto dai morti, il primo (primizia) tra coloro che si sono addormentati”. Tutti i semi vengono via via interrati, ma uno di essi (la primizia, appunto) è già risuscitato a vita superiore, spirituale, realmente divina; quindi, risorto lui, risorgeremo tutti!
Dunque: il credente che è “morto con Cristo” nell’immersione in acqua e Spirito, partecipando alla vita stessa Cristo, si comporta secondo criteri di “vita nuova” e, come il risorto, “non muore più” (Rom 6,9). Di qui tutto l’insegnamento profondo e pratico espresso in Rom. 6, sul quale non mi soffermo, ma che è direttamente connesso a Gv 11,25-26: il “credi tu questo?” dovette costituire la confessione di fede fiduciosa dei primi discepoli.
Nell’evangelo di Cristo il “thánatos” (morte) è realmente assorbito dalla vita. In altri termini, per il discepolo di Cristo la morte non esiste.
Nel più famoso dei suoi monologhi (“Essere o non essere...”), Amleto sta per porre fine alle sue angustie con il pugnale, ma ha paura perché “morire, dormire... sognare”; durante quel sonno ha paura di avere incubi dai quali nessuno lo potrà risvegliare! Il credente, invece, dorme sereno, più vicino di prima all’affetto del Signore risorto, che è “primizia” dei dormienti e garanzia della loro risurrezione. Lazzaro va “in braccio ad Abramo”; il discepolo di Cristo va a dormire “sul petto di Gesù”, come Giovanni durante la Cena. Questa non è retorica, ma davvero notizia buona annunciata dal Signore, ieri, oggi e domani.
[Roberto Tondelli]
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