Riflessioni

LIDIA E FAMIGLIA

Lidia e la sua famiglia Una delle lettere più calde d’amore e di contentezza in Cristo è l’epistola che Paolo apostolo scrive ai cristiani di Filippi, città della Macedonia oggi in rovina ma nell’antichità assai prospera. Costruita su un pendio (catena del Pangeo) a circa dodici chilometri dal mare, Filippi dominava una pianura allora ben coltivata, ed era ricca di miniere d’oro e d’argento. Chiamata così in onore di Filippo II, padre di Alessandro il Macedone, ricevette molti privilegi da Ottaviano Augusto che nel 31 a.C. ne fece una colonia romana popolata da molti veterani. Paolo apostolo giunge a Filippi durante il suo secondo viaggio di predicazione (49/50 d.C.), accompagnato da Sila, Timoteo e Luca. Fu così che per la prima volta l’Evangelo venne predicato in Europa (Atti 16,11 ss.). Gli ebrei non dovevano essere numerosi, non avevano una sinagoga e si riunivano fuori città presso il fiume Gangite in un semplice luogo di preghiera (prosèuca). Ecco il racconto che Luca fa di quei primi momenti di evangelizzazione: Restammo in questa città alcuni giorni; il sabato uscimmo fuori della porta lungo il fiume, dove ritenevamo che si facesse la preghiera, e sedutici rivolgevamo la parola alle donne là riunite. C’era ad ascoltare anche una donna di nome Lidia, commerciante di porpora, della città di Tiàtira, una credente in Dio, e il Signore le aprì il cuore per aderire alle parole di Paolo. Dopo essere stata battezzata insieme alla sua famiglia, ci invitò: «Se avete giudicato che io sia fedele al Signore, venite ad abitare nella mia casa». E ci costrinse ad accettare (Atti 16,12 ss.). L’annuncio dell’euanghelion, dell’evangelo, cioè della notizia buona della venuta del Messia/Cristo Gesù di Nazaret e della salvezza da lui portata a tutti, era espresso oralmente, con semplicità. Le profezie della Bibbia ebraica annunciavano il Cristo e gli apostoli presentavano gli atti, le parole, la morte e la risurrezione di Gesù di Nazaret come adempimenti di quelle profezie. Come anche Pietro aveva insegnato nel giorno di pentecoste successivo alla risurrezione, “Dio ha costituito Signore e Cristo quel Gesù” che è stato crocifisso (Atti 2,36). La proposta di conversione era la stessa per tutti: “Convertitevi e ciascuno si faccia battezzare nel nome di Gesù Cristo, per la remissione dei vostri peccati; dopo riceverete il dono dello Spirito Santo” (Atti 2,37 s.). L’evangelizzazione era diretta e non tortuosa, leale e senza secondi fini, precisa e non noiosa, polemica verso l’idolatria ma non irrispettosa. Insomma era “evangelizzazione” seria, cioè sobria presentazione della proposta divina di salvezza; non era né proselitismo né marketing per catturare adepti a questo o quel movimento religioso sorto oltremare. L’evangelo di Cristo Gesù era ed è una cosa seria. A Filippi, in quel modesto luogo di preghiera, Paolo si trova davanti un pubblico fatto di donne. Circostanza non secondaria. Solo una piccola minoranza di donne sono “donnicciole cariche di peccati”, chiacchierone e futili, che imparano sempre senza mai arrivare a comprendere la verità di Cristo (2 Timoteo 3,6). Invece, a contatto con la parola del Cristo, gran parte delle donne possono essere “maestre di ciò che è buono” (Tito 2,3). E sanno convertirsi anche se hanno avuto sei uomini, come la samaritana (Giovani 4,17 s.). La prima esposizione del Vangelo a Filippi tocca intimamente Lidia, donna facoltosa (commercia porpora, tessuto costoso utilizzato dai sarti di imperatori e re). La donna apre la mente a ciò che ascolta, vi crede e si battezza in Cristo assieme “alla sua famiglia”. Paolo (il Nuovo Testamento), spesso accusato a torto di misoginia (odio verso le donne), propone il Vangelo a donne, e alcune di loro si convertono, iniziando una vita nuova in Cristo assieme alle loro famiglie. Lidia è una di queste prime cristiane di Filippi. Non è una “donna di casa”, anzi è un’imprenditrice affermata, infatti commercia porpora. Non è una che “deve solo tacere”, infatti sa costringere gli apostoli ad accettare l’ospitalità in casa sua. Mette subito in atto la sua “fedeltà al Signore”, capisce che questa fedeltà implica responsabilità anche per lei come donna cristiana, e si attiva in questo senso. Questa fedeltà al Cristo non rende Lidia “indipendente”, anzi subito condivide la sua fede fiduciosa in Cristo con la propria “famiglia”. La famiglia infatti è non solo e non tanto la cellula della società, quanto piuttosto la cellula della comunità di credenti in Cristo. Non può essere un caso che, alla fine del racconto in Atti 16, troviamo i “fratelli in Cristo” che si radunano a casa di Lidia. Possano le nostre “famiglie” essere luoghi di conversione a Cristo e di annuncio serio e sobrio dell’evangelo della salvezza in Cristo. © Riproduzione riservata – R.T. 2015

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