Evangelo per mariti/mogli, padri/madri, figli...
Scheda: R. Tondelli, Evangelo e famiglia (2014) – pp. 10 – pp. visibili 3
Lo studio integrale può essere richiesto a info@chiesadicristopomezia.it
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Contributi pubblicati in preparazione ad incontri sui temi qui presentati.
Evangelo e famiglia
Dalla “fuitina” ai due che decidono di “accompagnarsi”,
fu vero progresso?
L’Eterno disse ad Abramo: “Lascia il tuo paese e il tuo parentado e la casa di tuo padre, e vai nel paese che io ti mostrerò; e io farò di te una grande nazione e ti benedirò e renderò grande il tuo nome e tu sarai fonte di benedizione… e in te saranno benedette tutte le famiglie della terra” (Genesi 12).
Nel racconto biblico inizia così il momento specialissimo della rivelazione di Dio al patriarca Abramo. Questa rivelazione implica da un lato un abbandono (paese, parenti, tradizioni) e dall’altro un viaggio verso un luogo di cui Abramo non sa nulla. La sua sola forza è la propria fiducia e la benedizione divina per lui, per la sua famiglia e, tramite lui, per tutte le famiglie della terra. Si tratta della maestosa benedizione che unisce indissolubilmente Abramo al Messia, una benedizione che si realizzerà compiutamente nella salvezza spirituale portata dal più nobile dei discendenti di Abramo, cioè Cristo Gesù. Sulla base della parola/promessa di Dio, Abramo parte senza sapere dove va, come dice il Vangelo, perché procede per fede fiduciosa in Dio.
È notevole il fatto che l’Iddio della rivelazione biblica vede Abramo e con lui sua moglie Sara, ma con lui vede pure “tutte le famiglie della terra”, l’unica benedizione davvero ecumenica!
Ma se questa benedizione doveva toccare a “tutte le famiglie della terra”, perché è così difficile cantare ancora oggi con Adriano Celentano quelle belle parole della sua canzone? “Siamo la coppia più bella del mondo / e ci dispiace per gli altri / che sono tristi / che sono tristi / perché non sanno più cos’è l’amore / il vero amore / che è benedetto dal cielo…”
Ci si può chiedere: agli occhi di chi dovremmo essere la coppia più bella del mondo? Forse agli occhi del mondo? Per il mondo una coppia è bella quando è giovane e facoltosa. Ma allora come mai l’Evangelo afferma che bellezza e gioventù sono cose transitorie e che l’amore del denaro è radice di ogni male?
Ascoltiamo le parole ispirate di Paolo apostolo: “Quindi anche voi, ciascuno da parte sua, ami la propria moglie come se stesso, e la donna sia rispettosa verso il marito” (Efesini 5). Il testo biblico ci interroga: Sei un buon marito? Come tratti tua moglie? La ami di vero amore? E tu, donna, sei una buona moglie? come tratti tuo marito, come lo consideri? Che tipo di famiglia costituite? Qual è il posto che la fede basata non su parole di uomini ma sulla Parola di Dio occupa in casa vostra?
A proposito dei figli, del numero dei figli, e quindi della famiglia, che cosa significa quella parola di Dio che dice: “Se poi qualcuno non provvede ai suoi, soprattutto di quelli della sua famiglia, costui ha rinnegato la fede ed è peggiore dell’incredulo” (1 Timoteo 5)?
Che cosa è il “matrimonio”? Una bella cerimonia, un bell’abito da nozze, un ricco banchetto? Che cosa significa la parola dell’Evangelo che dice: “Sia il matrimonio tenuto in onore da tutti” (Ebrei 13)? In che senso e in che modo si onora il patto fra uomo e donna? Che cosa è accaduto alla nostra società quando ha deciso di passare dalla “fuitina” ai due che semplicemente decidono di “accompagnarsi”? Fu vero progresso? Come mai la fuitina di un tempo si concludeva con il patto per la vita, mentre non sempre questo è l’esito dell’accompagnamento di oggi? È possibile che una società sempre più “usa e getta” tenda a comportarsi con questo stesso criterio anche nei rapporti interpersonali, e quindi anche nel sentimento e nella relazione tra uomo e donna?
Una donna può tornare a sperare in Dio?
Quanta mentalità greca c’è ancora nella ricerca (forse ossessiva?) della bellezza estetica da parte di chi può permetterselo! Almeno in questo siamo ancora Megálē Hellàs, Magna Grecia. Ricerca che presenta qualche limite grave se è vero che “una donna bella ma senza giudizio, è un anello d’oro nel grifo di un porco” (Prov. 11). La frase è uno schiaffo morale a fitness, labbra al silicone, spese eccessive per il corpo, ma soprattutto alla mancanza di discernimento di chi si affida (troppo) l’appariscenza. Ma essere donna assennata è ancora un valore?
Oggi si gioca a far le belle anche a -nt’anni, quando le donne dovrebbero evitare la maldicenza e essere maestre nel bene, come dice il vecchio attualissimo Evangelo. È stato scritto che “la parola è Dio”. Se così è, va usata per dire bene, non per dire male del proprio uomo o del prossimo. In ogni gruppo sociale, quindi anche nella famiglia, se l’ambiente è intaccato dal fuoco della maldicenza, le citazioni del Vangelo non servono più, neppure se le facesse Gesù stesso. La donna buona getta via ogni tendenza alla maldicenza, per divenire invece maestra di ciò che è buono. Ma dire e fare il bene, e condursi secondo bontà sono ancora valori per le donne moderne? E poi, che cosa è bontà?
Il tocco della saviezza femminile (ma anche maschile) ha una caratteristica peculiare: contribuisce a edificare, mai a distruggere. Così la sapienza al femminile (ma anche al maschile) collabora col Bene alla costruzione morale e spirituale della famiglia, all’armonia famigliare. La “utilità comune” è il criterio buono che informa la sua azione. Questa sapienza “utile”, proficua, buona, positiva per tutti i componenti la famiglia e per il prossimo la si riconosce dai frutti. La stoltezza invece è distruttiva. Anche lei si fa riconoscere dai suoi frutti, purtroppo.
La stoltezza è ignorante, infatti non sa “nulla nulla nulla” (Prov. 9). Un significativo triplice “nulla”, cioè zero spaccato in sapienza e dieci e lode in ignoranza. La conoscenza vera si ottiene per esperienza, per cui “non sapere nulla, nulla, nulla” equivale a non fare nulla di buono. È il bene negato di (…)
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