Altri auguri
Roberto Tondelli
Auguri in ritardo (o forse no)
ai sani e ai malati
Testimonianze 6
"Oh Dio, oh Dio" supplicò mentalmente, "aiutami un poco!"
(Dino Buzzati, Il deserto dei Tartari, 1940)
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Auguri in ritardo (o forse no) ai sani e ai malati
© Proprietà letteraria riservata - Roberto Tondelli, 01/2012
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ROMA, 2012
Auguri in ritardo (o forse no)
ai sani e ai malati
Non ho voglia
di tuffarmi
in un gomitolo
di strade
Ho tanta
Stanchezza
sulle spalle
Lasciatemi così
come una cosa
posata
in un angolo
e dimenticata
Qui
non si sente
altro
che il caldo buono
Sto
con le quattro
capriole
di fumo
del focolare
Questa poesia, Natale, fu scritta da Giuseppe Ungaretti soldato, a Napoli, nel natale di guerra 1916. L’uomo è stanco. Non ha voglia di tuffarsi per strade rumorose e addobbate a festa. Preferisce il caldo buono del focolare. Il confronto con la condizione umana attuale è spontaneo. Un secolo dopo, com''è la situazione dell’uomo? Appare forse visibilmente peggiorata? C''è ancora, oggi, chi ama il caldo buono del focolare? Oppure oggi impazzano tutti per la festa? Mangiamo e beviamo perché domani moriremo? La festa, globalmente amplificata, è stata celebrata solo ieri e già il mondo si ritrova non solo con gli stessi problemi di prima, ma con drammi umani e sociali di proporzioni nazionali e globali. Anche sulla enorme nave da crociera, Concordia, si faceva festa prima della tragedia accaduta nei pressi dell''isola del Giglio. Un segno dei tempi?
Quel soldato che ha tanta stanchezza sulle spalle, che preferisce starsene come una cosa posata in un angolo e dimenticata, somiglia forse al Cristo: il Grande Assente alla festa ubriacante, il Gesù vero e vivo, ma dimenticato, anzi rigettato da molti.
Tra i molti che hanno imparato a vivere senza Cristo, si contano anche coloro che un giorno gustarono la forza e la dolcezza del Vangelo, ma scelsero poi di tornare a percorrere strade rumorose e vocianti. Abbandonata la Via diritta di Cristo Gesù, si sono incamminati per le mulattiere tortuose del mondo. Qui ci si domanda, ancora una volta, non solo quali possono essere state le motivazioni (comunque errate) di una tale scelta, ma si vuole tentare pure un ri-chiamo, cioè un chiamare-di-nuovo queste persone mediante la sola "potenza del Vangelo", strumento e metodo unico col quale il Padre "attira" la persona umana a sé mediante Cristo Gesù (Rom. 1,16; Gv. 6,44). L''amore cristiano non rende ciechi al male, ma veggenti. Esso, rettamente inteso e praticato, e quindi lontano da ogni sdolcinata ipocrisia, non si copre gli occhi dinanzi al male là dove esso si annida, ma vede e trova in Gesù Cristo il mezzo per correggere e guarire. Seguendo dunque per un momento l''onda della memoria, ecco farsi avanti persone e fatti che hanno lasciato il segno.
Si ricordano coloro che abbandonarono la grazia di Dio per motivi atletici; la domenica avevano necessità di fare esercizio fisico all''aperto invece di nutrire il bisogno interiore di incontrarsi per pregare e adorare Dio con le persone (chiesa) che apprezzano la morte-e-risurrezione di Cristo.
Seguono gli entusiasti, che s''invaghirono semplicemente di un bell''ambiente, fatto di buona compagnia, varia umanità e talvolta di piacevoli immersioni nella natura. Furono catturati da esotici modi di fare personali e atteggiamenti apparentemente amichevoli. Più tardi, però, abbandonarono Cristo perché il Vangelo non aveva messo radici nel loro animo.
Qualche ferita hanno lasciato pure coloro che si erano accostati al Vangelo affetti da fissazione religiosa. Dotati di un interesse morboso per la soluzione delle più stravaganti e futili questioni dottrinali, rinunciarono alla grazia di Dio proprio perché la loro mania religiosa li induceva a fobie che impedivano loro di aprirsi all''amore di Cristo, amore nel quale non c''è paura.
Si ricordano poi gli ignoranti, allontanatisi dal corpo di Cristo non solo per ignoranza, ma soprattutto per presunzione. Si sedettero ai piedi del Maestro, ma solo per imparare quattro versetti della Scrittura per poi innalzarsi sugli altri e proporre se stessi come maestri. Dimenticarono la lezione del Maestro lavatore di piedi. Il loro giudizio sugli altri fu severo, ma non seppero vedere "la trave" che offuscava la loro stessa vista. Abbandonata la via del Cristo si sono dati a ricerche che li affossano sempre più nel pozzo senza fondo della non-conoscenza di Cristo. Così, nell''esperienza della chiesa può accadere anche che vi sia chi abbandona Cristo per amore di feste paesane e improbabili ricerche ufologiche.
Un''altra ferita al corpo del Signore la produssero taluni credenti neofiti. Abituati a menzogna e calunnia, non vollero credere che potesse esistere un ambito nel quale tali cose sono ritenute un male. Né vollero uccidere queste loro tendenze interiori negative, ma le mantennero, e la loro vita da credenti venne inquinata subito da comportamenti lesivi della salute morale/spirituale di altre membra del corpo, infettate dalla peste della maldicenza.
Poi ci furono i superficiali, che permisero al Vangelo di scalfire le loro menti, ma senza penetrarvi, senza produrre un reale mutamento di mente (metànoia, conversione interiore). I superficiali furono facile preda dei presuntuosi e dei malevoli, al punto da lasciare Cristo per semplice pigrizia.
Gli invidiosi abbandonarono Cristo per invidia; anche per invidia di cose altrui, ma soprattutto per invidia di sentimenti altrui. Non riuscirono a capacitarsi dell''amore attivo e fattivo che altri ebbero nei loro confronti. Risposero all''amore con viscida ritrosia. Non comprendendo l''amore degli uomini, riuscì loro impossibile comprendere l''amore di Dio (1 Gv. 4,20), perciò riuscirono a farne a meno.
Gli effimeri entrarono nel regno di Dio per ragioni effimere, e per ragioni effimere ne uscirono. Il problema non fu la corta durata della loro fede, ma la sua annosa banalità. Raramente li si è uditi parlare di cose che fossero più alte del vestito indossato dal prossimo. Abbandonarono Cristo perché non vollero credere che l''esistenza umana può acquisire senso profondità e durata solo in Cristo Gesù. Furono effimeri, ma non stupidi, e seppero indurre i deboli all''abbandono di Cristo con una semplice occhiata di traverso.
I deboli abbandonarono la grazia di Dio perché furono forti apparenti. Avevano compreso molto e molto praticato del Vangelo. Avevano fatto molto nella chiesa e per la chiesa. Ma non avevano mai imparato a dire "no" alle richieste vuote degli effimeri. Così, quando giunse il momento di resistere, invece di testimoniare Cristo, i deboli colpevolmente tacquero.
Si ebbero pure i giovani vecchi, o se si preferisce, i vecchi giovani. Furono coloro che provarono a fare i discepoli e le discepole di Gesù, s''impegnarono, ma poi "si voltarono indietro". A cinquant''anni pretesero di fermare il tempo e invece di dedicarsi alla paziente educazione morale e spirituale dei figli, presero a comportarsi come avessero vent''anni. Abbandonarono Cristo per un lifting, traditi dall''eccesso di esteriorità.
Segni profondi lasciarono pure i problematici apparenti. Costoro consentirono forse al loro ruolo sociale di prendere il sopravvento sulla fiducia in Dio. Imbastirono e cucirono tra loro pezzi di varie stoffe, diversi e scollegati, per formare una ragnatela di problemi apparenti in cui essi stessi finirono per intrappolarsi, al punto da precludersi ogni forma di aiuto. Il problema apparente, che rifiuta la soluzione biblica ragionevole e ragionata, nasconde un vuoto di fede, anzi una volontà di non-fede.
I silenti abbandonarono la giustizia di Dio senza una parola, o perché l''abbandono doveva semplicemente restare immotivato o perché considerarono gli altri indegni di ogni motivazione. Seguirono in silenzio l''abbandono di altri, o in silenzio indussero altri all''abbandono. L''esito tragico non cambiò. Passarono dalla grazia di Dio alla dis-grazia del mondo.
L''onda dei ricordi fa riaffiorare personalità di credenti che abbandonarono mariti (o mogli) e figli, scandalizzarono intere cittadine, sposarono adùlteri o fornicatori, scelsero compagnie cattive, mancarono alla parola data, tradirono la fiducia, si comportarono da ingrati, fomentarono antipatie e divisioni, dettero pessimo esempio di sé.
Tutti costoro furono considerati come sorelle e fratelli in Cristo. Furono molto amati da Dio e dagli uomini. Con il loro comportamento rinnegarono Dio e gli uomini. Provocarono dolore e tristezza nella famiglia di Dio e nelle loro relazioni famigliari e amicali. Annullarono forse definitivamente, per altri, la possibilità reale di accostamento alla salvezza, proprio mentre questa possibilità stava divenendo opportunità concreta. Spensero lo Spirito. A chi li stimava amici in Cristo, fecero gustare il sapore violento del tradimento.
Tutti costoro costrinsero la chiesa a rispondere alla domanda retorica ma seria: "Non sono quelli di dentro che voi giudicate?" ( 1 Cor. 5,12).
L''esperienza insegna che né gli atleti, né gli entusiasti, né i fissati, né gli ignoranti presuntuosi, né i calunniatori maldicenti, né i superficiali, né gli invidiosi, né gli effimeri, né i deboli, né i giovani vecchi, né i problematici apparenti, né i silenti provano vergogna (come invece dovrebbero: 2 Tes. 3,14), della loro tragica condizione spirituale. Non si vergognano neppure quando incontrano chi appartiene tuttora a Cristo. Ciò non desti meraviglia. Nessuna malattia, né fisica né spirituale, rimane quale era al momento iniziale della sua manifestazione. Ma s''aggrava piuttosto rapidamente, e può diventare terminale. La mancanza di vergogna è il risultato del fatto che si sta rapidamente dimenticando quale era stato l''onore di appartenere a Cristo Gesù (Rom. 2,7).
E tuttavia, sperando contro speranza, si fa qui il tentativo di un ri-chiamo per amore. Si osa sperare che finché c''è un poco di vita, ci sia pure un poco di speranza. Cioè che ci sia Gesù, speranza di tutti, anche di atleti, entusiasti, fissati, ignoranti presuntuosi, calunniatori maldicenti, superficiali, invidiosi, effimeri, deboli, invidiosi, giovani vecchi, problematici apparenti, silenti. Tutti siamo malati e bisognosi di lui. C''è però una differenza letteralmente abissale: si sta nella chiesa perché si conosce e si riconosce la malattia, e ci si cura (Ef. 5,26 ss.); ma si esce dal regno e dalla grazia di Dio quando si ritiene di essere sani.
Questo vuole essere un tentativo di scongiurare e esortare i sani affinché riconsiderino la salvezza in Cristo. Il ri-chiamo è antico e attuale (Ebr. 3,7 ss.). È il ri-chiamo ad ascoltare la voce di Colui che chiama e ri-chiama. È l''invito a non intestardirsi in una condizione di estraneità a Dio, di rimozione volontaria dalla sua grazia. Il ri-chiamo è rivolto a chi vuole evitare la marea vociante della festa finta, di chi vuole tornare a pensare con la mente di Cristo, a cercare, chiedere, sperare, pregare ancora "nella cameretta… e il Padre che vede nel segreto lo ricompenserà”, come promette Gesù.
Quel soldato con tanta stanchezza sulle spalle, che preferisce starsene in disparte, somiglia proprio al Cristo: il Grande Assente alla festa ubriacante. Non saranno forse proprio i sani ad averlo stancato con atletismi, facili entusiasmi, fissazioni religiose maniacali, ignoranza presuntuosa, maldicenza, superficialità, invidia? Non saranno forse proprio i sani ad aver annoiato quel grande soldato con una fede banale ed effimera, con la debolezza, con la pretesa vecchia gioventù, coi problemi apparenti e i silenzi?
Il ri-chiamo è a volersi posare, anzi ri-posare un momento con Lui, per meditare al caldo buono della Sua Parola capace realmente di scaldare il cuore e salvare. Chi vorrà fermarsi a riflettere su se stesso, sul suo rapporto con Dio e con gli altri? Chi vorrà riprendere un dialogo franco col Cristo del Nuovo Testamento? Chi vorrà tornare ad essergli amico, per riattizzare il focolare della verità che è in Gesù, per sedersi ai piedi dell’Unico Maestro, lontani dal rumore della festa vuota, che presto volge in tragedia?
Per chi con l''aiuto di Dio farà così, saranno auguri di festa buona dalla domenica al sabato, ogni giorno dell’anno. È "la festa della sincerità e della verità" (1 Cor. 5,8), in cui si può gioire nella Parola di Cristo, si può gustare ancora oggi la bontà del perdono genuino offerto dall’unico Sacerdote in grado di soccorrerci al momento opportuno, l''unico che ci sta accanto davvero, se pur lo vediamo (Eb. 4,16). Solo lui sa asciugare le lacrime, acquetare le ansie, sanare il male di chi ha la volontà di prendere la propria croce per seguire Lui in tutta umiltà.
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