Secondo la parola di Dio quale deve essere il nostro atteggiamento rispetto alla politica? La chiesa cristiana (evangelica) può eleggere un proprio candidato perché si occupi di questioni politiche e quindi la rappresenti? Non so se ho espresso bene la domanda, se possibile vorrei sapere ciò che dice la Bibbia al riguardo. Grazie!
Esprimere per email «tutto ciò
che la Bibbia dice al riguardo» sarebbe un’impresa! Ci permetta di cercare di
darLe una risposta sintetica, possibilmente in armonia con il Vangelo. Poi Lei
potrà fare personalmente gli opportuni approfondimenti.
La sua domanda, forse, più che riguardare la chiesa, dovrebbe concernere prima
di tutto la persona, il singolo credente. L’individuo, mediante le
proprie letture, esperienze, ragionamenti fatti anche assieme ad altri (credenti
e non), si formerà una propria coscienza, la quale lo guiderà nelle scelte
politiche che a suo parere rispondono meglio alle esigenze sociali economiche
politiche del momento.
Esistono criteri guida dettati dal Vangelo che si dovrebbero tenere
presenti. Ne menzioniamo qualcuno dei più significativi.
Occorre anzitutto distinguere accuratamente tra «Cesare e Dio». Purtroppo, in
pratica, non sempre si segue tale criterio fondante e importante. Occorre poi
rendersi conto che le autorità civili vanno rispettate, anche dai credenti che oggi
(per fortuna!) le possono eleggere (tale non era certo la situazione quando Paolo
apostolo scrisse il cap. 13 della lettera ai Romani!).
Se l’autorità civile dovesse imporre obblighi contrari all’etica del
Nuovo Testamento, per il credente la scelta è quella di Dio (Atti 5,29). Notiamo
tuttavia che non sempre le leggi vigenti (o quelle proposte in sede
parlamentare) impongono degli obblighi. Non esistono leggi che obbligano a divorziare o ad abortire. Più spesso esse si limitano a fotografare la realtà sociale in un dato momento storico, tentando di regolarla in base a semplici princìpi di civile convivenza (così fece anche Mosè quando, a causa della «durezza del cuore» degli uomini del suo popolo, si vide costretto a introdurre la norma che regolava il ripudio, Mt. 19,1 ss.). Questi principi possono essere ben diversi dai criteri della fede. Ma la fede non la si può imporre per legge, la si accoglie liberamente per scelta personale.
Purtroppo può avvenire una infausta associazione tra politica e religione, che
si rivela particolarmente negativa ed anzi peccaminosa. La si ritrova, ad
esempio, nel testo dell’Apocalisse dove Giovanni delinea la tremenda unione fra
paganesimo e impero romano. Ma anche nel corso della storia successiva, la
medesima situazione si è ripresentata purtroppo molte volte e in molte forme. Da
una tale associazione il credente e la chiesa dovrebbero tenersi lontano.
Quest’ultimo aspetto, conseguenza di quanto detto sopra (cioè la distinzione
Cesare-Dio), dovrebbe mostrare a sufficienza che la chiesa dovrebbe guardarsi
dallo scendere in politica con uno o più propri candidati che la rappresentino.
Può certo esserci qualche figura politica che meglio di un’altra aderisce a
determinati princìpi, ma in genere il politico rappresenta interessi ben
precisi. Ora la chiesa non dovrebbe avere interessi particolari da curare
o da difendere. La chiesa dovrebbe adempiere alla propria missione di
testimonianza (= predicazione, spiritualità, moralità, verità in
Cristo) attraverso l’umiltà e la coscienza. Per le spese dell’opera del
Signore lo strumento finanziario che il Vangelo stesso stabilisce con criteri
ben definiti è la contribuzione dei singoli appartenenti alla comunità (1 Cor.
16,2; 2Cor. 8-9; ecc). Ma la chiesa che chiede e accetta dallo Stato l’8 per
mille delle tasse dei cittadini (credenti e non credenti) è già una chiesa che
va ben oltre «ciò che è scritto» e si avvia a compiere imprese in ambito
sociale-politico che il Signore non le ha mai richiesto.
chiesa del Signore - via Fratelli Bandiera, 2-4 Pomezia-Roma (RM)